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Nicolosi - Monastero di San Nicolò La Rena

  • Monastero di San Nicolò La Rena
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  • Eleonora d'Angiò
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Il Monastero di San Nicolò La Rena, nel territorio di Nicolosi, ha una storia millenaria che racchiude la contesa tra l'uomo e il vulcano dell'Etna. Fondato nel 1150, ha ospitato personaggi illustri e importanti figure del potere siciliano come Eleonora d'Angiò. Dopo un periodo di declino, è stato restaurato e oggi è la sede degli uffici del Parco dell'Etna. Il monastero è composto da diversi edifici, tra cui un palmento per la produzione del vino e un campo collezione per la conservazione del patrimonio genetico delle specie vegetali etnee.

Il Monastero di San Nicolò La Rena: una storia millenaria

Il Monastero di San Nicolò La Rena, nel territorio di Nicolosi, è un luogo che racchiude la millenaria contesa tra l'uomo e il vulcano dell'Etna. La sua storia inizia nel 1150, quando il conte Simone di Policastro donò l'area a dei religiosi per realizzare un "hospitalem". Nel corso dei secoli, il monastero ha ospitato personaggi illustri come Wolfgang Sartorius, Jean Pierre Houel e Johann Wolfgang Goethe, ma anche importanti figure del potere siciliano come Eleonora d'Angiò.

La regina Eleonora diede grande importanza al monastero che, proprio in quegli anni, fu ampliato e conobbe il suo periodo di maggiore fervore. Proprio allora nacque la cisterna quattro bocche eretta nel cortile antistante il monastero grazie alle donazioni di famiglie nobili e facoltose. Si rivelò un opera idraulica eccellente tanto grande da riuscire a dare acqua a tutti gli abitanti di Nicolosi.

Dal periodo di massimo splendore, il monastero conobbe un periodo di declino ma non fu mai abbandonato del tutto. Diventò utile come dispensa per le attività agricole ma anche come punto d'appoggio per i visitatori che da qui passavano prima di raggiungere le zone più alte dell'Etna. Fu abitato anche nel periodo del terribile terremoto del 1693, che distrusse quasi tutte le case religiose dei benedettini nell'area etnea, ma subito venne avviata la ricostruzione.

Dopo un lungo periodo di abbandono, il Monastero di San Nicolò La Rena cominciò la sua nuova vita alla fine degli anni '80, quando entrò a far parte dei patrimoni dell'ente Parco dell'Etna. I lavori di restauro, completati nel dicembre 2004, videro collaborare la Regione Sicilia e il Ministero dell'Ambiente. Oggi, l'ex monastero è la sede degli uffici del Parco dell'Etna, un luogo simbolico che crea un collegamento tra l'uomo e il vulcano artefice del territorio in cui viviamo.

Il Parco dell'Etna: un luogo di storia e natura

Il cortile interno del monastero di San Nicolò, posto di fronte all'ingresso principale del monastero, è circondato da mura che avevano lo scopo di difendere dai briganti. Al piano terra, un tempo cantina per il vino prodotto nei vigneti, è oggi un museo vulcanologico. Il piano superiore ospita gli uffici dell'amministrazione del Parco dell'Etna, da cui partono concessioni o procedimenti mirati alla salvaguardia dell'ambiente naturale.

Chi viveva nel monastero di San Nicolò? Probabilmente inizialmente era utilizzato come ospizio per i monaci malati provenienti dagli altri conventi, per poi diventare dimora fissa dei religiosi a metà del Trecento quando diventò il cenobio più importante della zona etnea. L'ordine benedettino godeva della preferenza della nobiltà, tanto che con il passare del tempo furono ammessi al noviziato soltanto uomini provenienti da famiglie nobili.

Il monastero non è composto soltanto dall'edificio principale ma anche da altri complessi che sono stati costruiti in tempi diversi. Sul lato occidentale si trova il palmento che non ha mai cambiato destinazione d'uso. Qui veniva trasformata in vino non solo l'uva raccolta nel terreno dello stesso monastero ma anche del territorio circostante. Alcune strutture nel corso del tempo sono andate in decadimento o addirittura sepolte dal materiale piroclastico che le attività eruttive hanno sommato nel tempo.

Il campo collezione facente parte di una banca del germoplasma, dove sono ospitate specie di interesse naturalistico, agrario, officinale o aromatico, è un progetto che ha l'obiettivo di conservare il patrimonio genetico delle specie vegetali presenti nel comprensorio etneo. Alcune di esse sono il risultato di strategie di sopravvivenza e adattamento alle condizioni dell'ambiente in cui vivono, altre sono frutto di secoli di selezioni agricole in cui coltivatori hanno miscelato o isolato piante da frutto diventate vere specialità, ma che con il tempo rischiano di perdersi.